Nell’interesse popolare di una piccola frazione del Comune di Spiazzo, quale Borzago, si eleva la pittura di rilievo posta nella còrt dal Togno.
Il toponimo prende il nome dal soprannome di famiglia Togno ma il nome originale dell’artista è Vigilio Pellizzari.
Da sempre la gente del luogo riconosce il valore delle significative scene dell’affresco. Borzago trova la sua espressione anche attraverso l’identità di quel luogo, dove valori, consuetudini, massime rivelano un passato che ancor oggi è attuale.
La pittura con tecnica d’affresco racconta vicende di paese attraverso satire, curiosità, massime, stravaganze e cose che non rientrano nella normalità, tipo nevicate fuori periodo ed altri eventi eccezionali.
I dipinti sono sviluppati a proseguire su tre facciate di case, cinte attorno alla corte. Una volta, sita sotto al raoft, c’era una locanda, dove la gente era solita incontrarsi e nel campo in parte spesso si giocava a bocce e mille discorsi e canti accompagnavano le giornate estive.
Nelle scene della pittura si individua un unico piano di sviluppo dell’immagine: non esistono profondità, punti di fuga, bidimensionalità e secondi piani, è come se tutto fosse posto sullo stesso livello, come se tutto fosse importante. Infatti le immagini presentano stesse grandezze, dall’animale all’uomo, dalla natura ai manoscritti.
Nelle opere del Togno non sembra esser presente la sua firma anche se qualcuno sostiene che sottoscriveva V. P. TOGNO. Mi piace pensare che il pittore di proposito non firmasse le proprie opere perché slegato dalla sindrome della notorietà. Gli aneddoti, i fatti e quant’altro vi è dipinto, venivano gettati come gesta sopra ai muri, come timbro senza nome, consegnando forti messaggi alle nuove generazioni.
Spiccano i colori contrastanti e naturali, e le figure presentano una lettura nitida dell’immagine; il segno presenta caratteristiche fanciullesche e gli spazi di suddivisione sono composti senza un predefinito senso progettuale: è come se gli stessi siano stati suddivisi e pitturati di volta in volta, là dove ci sia stata la necessità di impregnare memorie e dati importanti che l’artista voleva consolidare con quel gesto. Una sorta di comunicazione dedicata agli altri oltre che a se stesso.
A volte sfogo a volte meditazione, pensiero, a volte emblema; “buttare tutto in piazza”.
I protagonisti delle pitture sono le stesse persone della vicendevole quotidianità di un paese.
I temi trattati appartengono a tutti coloro che passano per la piazza: curiosità che riguardano il lavoro, tradimenti, occupazioni del tempo libero. Occasione di un vivere in condivisione, passaggi di verità altalenanti dove inquietudine, senso di pace, sinfonie rendono all’osservatore quello di cui lui stesso ha bisogno. “Apprestatevi, cogliete voi!”
Ognuno prenderà la sua scena per renderla propria, come un messaggio senza tempo, una fune di collegamento fra passato-retreau e presente-contemporaneità.
Alessia Segala nasce nel Veronese nel 1976, cresce a Pinzolo e frequenta l'Istituto d'arte a Trento.
Una frequentazione di alcuni anni a Brera le apre la strada alle sue produzioni artistiche, che si vedono partecipare ad personali e collettive a Milano e in Trentino.
La sua passione per l'intonaco la lega alle pareti di alcune pitture esterne e rifacimenti di antichi affreschi. Anche quando lavora nel suo studio ama portarsi appresso i pezzi dei suoi muri e così nascono, sotto forma di pannelli polimaterici, le sue ultime opere qui esposte.
"la non presa" richiama quei pericolosi momenti della vita in cui la mancata presa simboleggia le lasciate della vita, le inevitabili perdite.
"L'Anima imprigionata": il muro come intimo compagno quotidiano, ma anche come gabbia. Carcere delle emozioni.
La terza opera è "Tao", dove l'interazione dell'osservatore vivifica l'opera, creando cavità e convessità nel bianco/nero di Ying e Yang.
La solida compostezza di "Non tolleranza" rappresenta il senso di una realtà incapace di mantenersi compatta, sicura, ferma. Si nota la mantenuta pesantezza del materiale edile come a voler mostrare l'Anima del muro nella quotidiana intimità della propria dimora, dove tramite l'alchimia artistica si perde ogni senso di staticità.
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